I pagghiari (pagliai) di Alicudi
L’architettura eoliana ha sempre suscitato moltissima curiosità e ha esercitato un certo fascino sui visitatori. In particolar modo, l’architettura delle strutture di Alicudi, isola aspra e selvaggia, diventa testimonianza viva di lento ma caparbio tentativo dell’uomo di riuscire a convivere con la natura ostile di questo territorio.
Il risultato di questo tentativo è la manifestazione di un perfetto equilibrio di convivenza tra uomo e natura. L’azione umana non ha violato in alcun modo il profilo selvaggio dell’isola anzi ha reso Alicudi un luogo magico, un luogo dal fascino mitologico dove il tempo pare essersi fermato o forse dove il tempo non ha mai iniziato ad incedere. Alcuni segmenti dell’isola di Alicudi, per gli amanti dei paesaggi suggestivi, sono tra i più belli e interessanti di tutto l’arcipelago eoliano, nello specifico ci stiamo riferendo alla salita di Costa Grotta e i collegamenti viari da Molino e Vallone fino alla vecchia chiesetta di San Bartolomeo. Lungo questa trama viaria, sono ricorrenti i tipici terrazzamenti, definiti secondo l’idioma locale i muri ‘nsicciu.
Il reticolo degli enormi gradoni, di circa quattro metri, delimitano le piccole proprietà degli isolani e sono ricoperti dai buonissimi capperi e dalle piante di ficodindia. Un elemento caratteristico dell’architettura alicudiana, presente in tutte le strutture antiche, è u pagghiaru, un ambiente di piccole dimensioni a pianta circolare e coperta da una volta di tipo tholoidale ottenuta con l’uso di pietre giustapposte. I pagghiari nascono dall’esigenza che i pastori avevano di ripararsi dalle avversità atmosferiche, nel caso in cui si trovavano costretti a stazionare a lungo con il proprio pascolo lontano dalla propria abitazione. All’interno dei pagghiari i pastori erano soliti lasciare gli attrezzi per lavorare la terra e la paglia. La forma dei pagghiari è circolare e sono posti su speroni lavici esposti al vento perché solo così si poteva agevolare la spagliatura dei cereali.
Le pietre necessarie per la costruzione del pagghiaru erano classificate a seconda della dimensione e venivano portate a spalla o “ruzzuliate”, cioè spinte, lungo i sentieri. L’operazione era molto pericolosa e si richiedeva l’intervento dei “mastri” esperti che potevano servirsi solo dell’aiuto di uomini adulti. Le pietre venivano lasciate allo stato grezzo, non si levigavano per garantire un opportuno e necessario attrito. Ad oggi queste strutture sono intatte, solo qualcuna ha subito un crollo parziale. La posizione dei pagghiari lungo i sentieri sul quali è possibile ammirarli consente ai visitatori di sentirsi immersi in un film dall’atmosfera neorealista, tutto sa di poesia. I luoghi di Alicudi sono carichi di suggestione mitologica e poetica, sono luoghi dove si percepisce il mistero delle forze naturali che li abitano. Si narra che tra i pagghiari abbia aleggiato lo spirito di Pan, figlio di Ermes, il dio dalle forme caprine che garantiva la fertilità per la vegetazione e per gli animali.
Il paesaggio aspro e selvaggio dell’isola di Alicudi, grazie al saggio intervento dell’uomo che ha saputo preservarne la natura, è diventato un vero e proprio paesaggio culturale. Alicudi è un microcosmo incontaminato, un equilibrio perfetto tra alture e mare, una sorta di scenografia dell’atto primordiale della creazione.