Frammento di viaggio
Sempre il mare, uomo libero, amerai!
Perché il mare è il tuo specchio; tu
Contempli nell’infinito svolgersi dell’onda
L’anima tua, e un abisso è il tuo spirito
Non meno amaro
C. Baudelaire, L’uomo e il mare
Attraversare il mare ha sempre suscitato un grande fascino sull’uomo, l’immenso nel quale si sa che ci si può orientare e raggiungere una meta. Il dondolio delle onde che nel dilatarsi del tempo apre alla vista un piccolo paradiso che si impone maestoso in acque limpide. Ci sono terre che richiamano gli uomini al loro primigenio stadio naturale, quando i corpi si coprivano con pochi veli, degli stessi colori di madre natura. Ci sono terre che ricordano il parto doloroso della vita, terre dove il vento diventa maestro paziente di respiri nuovi ed il cielo si tramuta in tetto sicuro, il tetto di una casa immensa, l’universo.
Una terra che ha in sé ogni elemento vitale, che si fa centro sinergico di tutti gli elementi coesistenti in equilibri perfetti. La sabbia nera, figlia di viscerali movimenti, frammenti di terra corrosa in tumultuosi scontri, la passione del fuoco che si riposa e cova nei meandri di un suolo così generoso che non risparmia alcun dono di sé, questo fuoco, ogni tanto, si concede, come le parole degli uomini nelle notti in cui amano le donne, un fuoco che attraversa le bocche della terra nera che, in tutta la sua eleganza spettacolare e misteriosa, costringe chiunque a restare con gli occhi puntati in alto. Una terra dove fuoco ed acqua fanno l’amore, una terra che diventa letto di unione ed armonia ed il vento si fa unico respiro. Il centro di una gravità permanente che trattiene a sé ogni amore, ogni sesso, ogni incanto, la terra che permette di scoprire che si devono avere sempre occhi nuovi per innamorarsi di simili paradisi. Questo luogo non è un non luogo, non è nei versi di Baudelaire o nelle pagine intense di Hemingway, è uno dei posti più sorprendenti al mondo, Stromboli rapisce i sensi, è come il canto delle sirene, attira chiunque e costringe a rimanere o tornare, è uno strano incantesimo, una perpetua favola mitologica. E’ la terra che non conosce sfumature. Odori, suoni, sapori, colori sono definiti, decisi, forti, imponenti; Stromboli non si lascia plasmare, cambia e muta il rapporto con la natura, il pensiero che di essa ognuno ha. Non ho mai visto tramonti così, simili alla tavola dei colori di Rothko, intensi e generosi. Ho imparato che la notte sa far più luce di certe albe, tappeti di stelle corteggiano il fondale nero del mare che, limpido e cristallino, riflette la luce, il buio squarciato si prepara…e ci sono giorni nuovi e miracoli sempre da scoprire. Camminare scalzi ovunque e trasferirsi addosso tutta l’energia di nostra signora Gaia.
Stromboli è il luogo dell’anima, il rifugio di uomini e donne che si sentono a casa nel non luogo dei pensieri. E’ la terra degli eccessi della natura e l’uomo, se prima si sente spettatore affascinato, ne diventa parte integrante: lei, la protagonista indiscussa, l’isola senza tempo, l’isola delle giornate senza scadenze, la terra dove si respira meglio entro spazi immensi. Su quest’isola non mi sono più sentita inquieta e distratta abitatrice del mondo, mi sono sentita calda come la sabbia di sera, immensa come lo spazio tra cielo e mare, forte come la terra che si lascia spaccare dal fuoco, intensa come il vento che accarezza la pelle quando si ha ancora più voglia di amare. Lasciavo scorrere tra le mani la sabbia, quei micro granelli stanno pazientemente vicini e, se si dividono, lasciano comunque sempre e solo tanta bellezza…ed io, sempre lontana e mai abbastanza vicina per paura dei tanti “dopo” che la vita riserva, ho fatto pace con quel senso panico che mi fa partorire l’idea di abbandono. Un posto come questo, per essere, non ha bisogno di nessuno che lo modelli, ma ha bisogno di qualcuno che se ne innamori, come i corpi fanno con le anime…
Questa terra mi ha richiamato alla mente una strana legge del pianto, quello che non ha i toni cupi del dolore, quel pianto che purifica e rigenera, un’acqua pulita che disseta ed acquieta. In quel posto non ho una casa di mattoni, ma sento già di abitarla come rifugio dell’anima. Sono tornata impastata di silenzio, ancora affamata di lunghi passi e polvere nera, attraversata ancora dalla sensazione del vento caldo della sera che muove le onde, sono tornata primordiale…la terra dell’antichità dell’anima e dei moti suoi remoti. Mi pentirò ogni volta che non tornerò nello star lento e selvaggio delle viscere materne di questa magica isola che mi ha costretta a dedicarle parole, come si fa con gli uomini che si amano, per cercare di trattenere tanta bellezza sull’ultimo dei paradisi rimasti ancora intatti sulla terra.
Grazia D’Arrigo