Storia di Milazzo

L’antica Mylai, regina del mare e signora della falce protesa sul Tirreno, non è solo il ponte di passaggio per raggiungere il paradiso naturale delle Isole Eolie, rappresenta un libro aperto della storia delle più variegate civiltà che si sono susseguite di dominazione in dominazione per signoreggiare la strategica città di Milazzo, considerata anticamente zona nevralgica per le battaglie. Le civiltà succedutesi nel tempo hanno lasciato tracce visibili del sogno realizzato della conquista di una perla naturale così pregiata dal punto di vista paesaggistico e naturale. I rinvenimenti archeologici spaziano dalle quattro necropoli (età del bronzo e del ferro ed età greco-romana) ai reperti dell’insediamento greco e romano e poi ancora bizantini, arabi e normanni, angioini e spagnoli, fino alle memorie d’età risorgimentale. L’eredità risalente all’Età di Bronzo e del Ferro è custodita presso la >Soprintendenza alle Antichità di Siracusa, poco dei resti rinvenuti è rimasto a Milazzo. Una delle testimonianze storiche più importanti è il Castello. La “Corona di Milazzo” ovvero il Castello, è situato sulla parte più alta del tratto iniziale dell’omonima penisola, il così detto “Borgo Antico”, forziere di stupendi tesori, negli ultimi anni sta recuperando il meritato significato storico, artistico, estetico, culturale e di raffinata testimonianza di trascorsi splendori. Percorrendo le due strade panoramiche che conducono al Capo, se ne consiglia il raggiungimento compiendo due itinerari alternativi carichi di fascino e suggestioni, degne della meta in questione: la scalinata del TonoAddolorata – Porticella e la scalinata di San Domenico. Altrettanto interessante è il percorso che dalla Marina attraverso la salita San Francesco consente di poter inanellare una serie di gioielli, la scenografica Chiesa di San Francesco di Paola per passare davanti all’austero Palazzo del Viceré e sulla spina che conduce al Borgo la spianata panoramica con le Chiese di San Rocco, dell’Immacolata e da qui la diramazione per l’avamposto o il contrafforte delle sentinelle vedette. Restando sull’asse della panoramica incontriamo la Chiesa di San Gaetano, quella del S.S. Salvatore e alla base della scalinata del Castello, la Chiesa dell’Addolorata e quella del Santo Rosario.

La fortificazione risale al periodo storico della dominazione araba (X sec. d.C.) nel luogo che, ai tempi dei Greci, era adibito ad acropoli, modificato ed ampliato nell’arco dei secoli. Oltrepassata la cinta spagnola, si apre un grande spazio dov’è possibile ammirare in tutta la sua bellezza il Duomo Vecchio (1608), esempio e testimonianza del manierismo siciliano. Qui sorgevano le dimore dei cittadini milazzesi che ricoprivano cariche importanti. In città esistono ancora documenti delle costruzioni di alcune chiese risalenti al 1500 e Palazzi del 1600. Questi secoli richiamano alla memoria nomi importantissimi dell’ingegneria, operarono, infatti, a Milazzo gli Ingegneri Regi Pietro Antonio Tomasello, Antonio Ferramolino, Giulio Lasso, Orazio Del Nobile, Camillo Camilliani e Diego Sanchez.
Esistono pareri diversi, invece, in merito alla costruzione del Vecchio Duomo, alcuni sostengono che sia stato realizzato da Camillo Camilliani, altri sostengono che questo capolavoro sia opera di un allievo di Michelangelo, Jacopo Del Duca
I registri parrocchiali del Duomo Antico, oggi sono custoditi presso l’archivio parrocchiale di S. Stefano Protomartire, e proprio da uno di essi attingiamo una notizia alquanto interessante, che riteniamo sia giusto rendere nota. Dalle ultime pagine del libro dei battesimi, dal 1620 al 1628 volume III, veniamo a conoscenza di un inventario delle cose principali della Matrice chiesa, fatto per ordine e mandato dell’Arciprete D. Giovanni Domenico Picciolo “L’ultimo giorno di Luglio 1620 “.
Tra le molte cose tutte interessanti, ne menzioniamo alcune. Il vessillo della Santa Croce con lamelle d’argento dorato e con immagini sacre, una sfera senza base con i relativi vetri, d’argento, da una parte solamente dorata per l’esposizione delle quaranta ore, un tabernacolo o ostensorio d’argento dorato dallo stile gotico simile ad un antico gonfalone (viene usato, ancora oggi, per la festività del Corpus Domini), quattro pissidi tre d’argento dorato e una d’argento nella quale è custodito il braccio di S. Stefano Protomartire ridotto in moltissimi frammenti in seguito ad un incendio, una teca d’argento nella quale sono custodite le reliquie di S. Placido martire o dei compagni ritrovati nella propria cassa a Messina, un braccio con la relativa base d’argento che porta in mano una pietra d’argento aspersa da colore rosso in cui è custodita la reliquia o braccio di S. Stefano Protomartire, un lampadario d’argento fatto secondo una forma nuovissima in seguito a legato della defunta donna Beatrice Crisafi in cui si trova il proprio stemma, un’immagine di nostro Signore Gesù Cristo deposto dalla croce, di bronzo dorata, per passare la pace ai fedeli, sette messali, tre ombrelli o baldacchini in damasco, dei quali uno in colore rosso si trova sospeso in alto sopra il tabernacolo del SS. Sacramento, alcuni tappeti tra i quali il più grande per l’altare maggiore, tra le varie tovaglie, di diversi colori, in tela milanese, di raso, in cataluffo, con ornamenti di broccato e oro, in damasco, una per il pulpito in damasco viola con lo stemma della Città di Milazzo, una tela azzurra che copre l’intera immagine grande dentro il coro, nove altari portatili di cui otto in marmo e uno in pietra e legno, sei calici d’argento dorato, infine lampadari e candelabri per i vari altari. Dall’inventario veniamo anche a conoscenza che in quell’anno la nuova chiesa Madre (oltre all’altare maggiore) aveva sei altari laterali, quello di S. Nicola, del SS. Crocifisso, di S. Maria dell’Itria, di S. Carlo, di S. Antonio, e di S. Lucia (probabilmente rappresentato dalla sepoltura della Santa, in quanto nel libro di esito della Matrice Chiesa dal 1783 al 1827, al foglio 18v. viene annotato un pagamento di tarì due ” per acconciare la sepultura di S.ta Lucia “). Purtroppo molte delle cose principali esistenti nel Duomo Antico, attraverso i secoli, per usura, o per avvenimenti bellici, o perché trafugati, non esistono più.
Con il trasferimento del centro politico-amministrativo nella città bassa, anche il duomo avrebbe perso progressivamente d’importanza, divenendo prima magazzino, poi carcere ed infine stalla. La cinta aragonese (XV sec.) è caratterizzata da cinque torri a tronco di cono, due delle quali, ravvicinate, nascondono il bel portale d’accesso ad arco acuto sormontato dallo stemma dei reali di Spagna, Isabella e Ferdinando: uno scudo diviso in quattro parti (i regni dall’unione dei quali nacque la Spagna unificata) e sorretto dall’aquila di S. Giovanni. All’interno si erge il castello, edificato da Federico II, ma con aggiunte posteriori. Il bel portale ogivale è sormontato però dallo stemma aragonese, sostituito appunto nel ‘400. All’interno, la grande sala delle cinque campate vide riunito il Parlamento Siciliano nel 1295. Dalla punta del castello si gode di una bella vista sulle Isole Eolie (da sinistra: Vulcano, Lipari, Panarea e, nei giorni particolarmente limpidi, ) e sulla baia del Tono.
Il Castello ha subito nel corso dei secoli notevoli mutamenti, in epoca normanna, sveva ed aragonese; a pittura conserva ancora in Milazzo opere di insigni Maestri: Antonello da Sàliba, il Giuffrè, il Guarnaccia, Letterio Paladino, gli affreschi di Scipio Manni, gli affreschi di Domenico Giordano, quadri di Onofrio Gabriele e di Antonino Giordano. Col succedersi dei secoli, si avvicendano a Milazzo i personaggi che hanno fatto la storia: da Ruggero il Normanno a Federico II di Svevia, ad Alfonso d’Aragona e Carlo D’Angiò.Una passeggiata nella città culturale pone a contatto con i ruderi del trecentesco palazzo dei Giurati e il Duomo seicentesco; alla metà del XVI secolo risale la cinta muraria spagnola. Parecchie le chiese milazzesi degne di una non fugace visita, a cominciare dal Santuario di S. Francesco da Paola e quello di S. Antonio da Padova.
Forse fu qui che Ulisse, naufrago, incontrò il mitico ciclope ed è forse questa la terra dove, secondo la descrizione omerica, pascolavano gli armenti del Dio Sole.
Milazzo tra mito e storia, al di là di una antica rivendicazione che ha agitato tante località desiderose ed orgogliose d’essere identificate come luogo toccato dall’errabondo re di Itaca, vanta comunque le sue vetuste origini. I riferimenti storici degli antichi cronisti, tra i più autorevoli, fissano la sua fondazione ad opera dei greci nel 716 a. C., ovvero nell’epoca della prima colonizzazione della Sicilia.
Per tanta longevità e per origini così nobili, quella che fu dagli antichi chiamata “Aurea Chersoneso” era terra ricca di vegetazione; acque e verde riempivano le ridenti e fertili pianure ed un clima mitissimo sulle sponde del Tirreno favoriva, il soggiorno degli dèi dell’Olimpo.
La “penisola del Sole” costituiva un punto d’approdo per raggiungere le “sette sorelle” le magiche isole dove, con Eolo, dio del vento, abitavano ninfe, satiri giocondi.

Quell’eden pagano ed insieme fantastico e mitico, pur se modernizato e figlio della tecnica, non ha cancellato quel che rimane immortale, ovvero la poesia, il mito, la bellezza e il fascino del paesaggio, le tracce della storia.
Così quella striscia ha l’aria d’essere stata lanciata da sacra mano perché prendesse forma, quella di un dito che vuol indicare che più in là, lontane tra l’azzurro del Tirreno, si ergono bellissime le isole dell’arcipelago eoliano, una sorta mistico appuntamento, così forse videro capo Milazzo i primi abitatori dell’età neolitica, presenti per storiche certezze, per i segni tipici che furono propri di quell’età fuori del tempo, oscura e pulsante di vita, misteriosa e affascinante come tutta la preistoria, qui o altrove, con quel carico di indecifrabili avanzi che posseggono la sola certezza dell’incerto.

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